Omaggio a Sisi nel giorno del suo anniversario

 

In un giorno di sole obliquo come questo, esattamente sabato 10 settembre 1898, sul Lago di Ginevra, due donne corrono per prendere il battello, mentre già la campanella anuncia l’imminente partenza. Una è vestita di nero, a lutto, condizione in cui si è inconsolabilmente rinchiusa dal lontano 30 gennaio 1889, nefasto giorno in cui suo figliio Rodolfo era stato ritrovato morto assieme alla sua giovane amante, Maria Vetsera, in un casino di caccia presso Mayerling: è Elisabetta d’Austria, più nota come sisi, consorte dell’imperatore d’Austria-Ungheria, francesco Giuseppe. L’altra è la sua fedele dama di corte, la contessa ungherese Irma Sztàray.

Un anarchico italiano, Luigi Luccheni, come è noto, trafigge con una lima acuminata il cuore dell’infelice imperatrice Sisi, che viaggiava sotto il nome di contessa von Hohenem, durante il tragitto dall’albergo Beau Rivage, dove era alloggiata, all’imbarcadero. La gentildonna vestita di nero cade a terra; ma, come nulla fosse stato, si rialza e riprende la corsa. Poco dopo essersi imbarcata, si accascia per uno svenimento. Quando le viene aperto il corpetto per strofinarle il petto, si scopre una piccola macchia brunastra e un foro nella camicia di batista, ma lei è già passata a miglior vita nello stupore generale.

Con Sisi se ne va non solo l’imperatrice d’Austria, la regina d’Ungheria, ma anche un’eccezionale poetessa perlopiù sconosciuta o ignorata. Il suo corpus poetico è raccolto nel suo Poetische Tagebuch, il suo Diario poetico, suddiviso in tre libri. Dal primo di essi traggo una lirica molto toccante che Sisi dedica al cugino Ludwig II di Wittelsbach, re di Baviera, un biglietto in versi che ella, «il gabbiano del mare» (in tedesco rende bene, perché die Möve è femminile, non maschile come in italiano), lascia all’ «Aquila» (in tedesco der Adler è giustamente maschile), dopo una visita al Lago di Starnberg in cui non aveva trovato l’amato parente.

 

Saluto

 

Aquila, in alto là sulla montagna

il gabbiano del mare ti indirizza

un saluto dalle onde spumeggianti

fino alla cima delle nevi eterne.

 

Un giorno ci successe d’incontrarci

in un’eternità troppo remota

sullo specchio del lago prediletto,

nel tempo in cui fiorivano le rose.

 

In silenzio volammo a fianco a fianco

immersi nella quiete più profonda…

Solo un nero intonò per l’occasione

su una piccola barca i propri canti.

 

 

 

Per i cultori della lingua tedesca, riporto pure l’originale.

 

 

Gruss

 

Du Adler, dort hoch auf den Bergen,

Dir schickt die Möve der See

Einen Gruss von schäumenden Wogen

Hinauf zum ewigen Schnee.

 

Einst sind wir einander begegnet

Vor urgrauer Ewigkeit

Am Spiegel des lieblichsten Sees,

Zur blühenden Rosenzeit.

 

Stumm zogen wir nebeneinander

Versunken in tiefe Ruh’ …

Ein Schwarzer nur sang seine Lieder

Im kleinen Kahne dazu.

 

 

Qualche indicazione relativa alla composizione di questo saluto la leggiamo nel diario del 20 giugno 1883 di Maria Valeria, la figlia prediletta di sisi, secondo cui in quel giorno la madre era tornata una volta all’isola delle rose, ma non aveva incontrato il re: «Mamma scrisse una delle sue poesie, la sigillò indirizzandola al re, e la lasciò poi in una delle stanze. Che cosa dirà il re?». Il «nero» di cui si parla al v. 13 e i cui canti continuano a risuonare nella memoria «nel tempo in cui fiorivano le rose» era Rustimo, un giovanetto di colore che accompagnò per un certo periodo il seguito dell’imperatrice.

In questo ennesimo anniversario restano le silenziose parole dell’infelice Sisi, da un lago all’altro, da un silenzio all’altro, da un vuoto all’altro. Ricordarla significa riflettere, proprio sullo specchio delle ideali acque della storia, scoprirla quale autentica anima – suo malgrado, naturalmente – di un mondo che stava lentamente declinando e correndo verso la tragedia. Come ebbe a dire l’imperatore Francesco Giuseppe al conte Paar, nel momento in cui riceve la notizia dell’assassinio della moglie: «Lei non sa quanto ho amato questa donna». Ed è vero, nonostante le incomprensioni, le difficoltà dei ruoli e dell’ambiente. Su quel Lago di Ginevra si chiude non solo un’esistenza, ma anche un mondo che non sarebbe mai stato più simile a prima.

 

 

 

 

© Federico Cinti

Tutti i diritti riservati

2 commenti

  1. W l’imperatrice Elisabetta 🌷

    Piace a 1 persona

    1. Federico Cinti ha detto:

      Hai ragione! È un personaggio tutto da riscoprire…

      Piace a 1 persona

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