Variazione sul tema, questo vano
antico, ineluttabile tornare:
languido il tempo scivola, lontano,
eterno andare.
Nulla si perde, nulla si ritrova
tra i frammenti del giorno. Ora l’oblio
inerte, linea d’ombra, luce nuova,
non altro. Addio.
Addio a ciò che non si è: la meraviglia
grida l’ansia dell’attimo, catene
al di là di quei cocci di bottiglia
rotti, altro bene,
unica via d’uscita. L’infinito
là, dove l’occhio attinge l’orizzonte,
limite invalicabile, smarrito,
inique impronte.
A saperlo, poi, che cosa sia questo benedetto tempo, potrei anche azzardare una risposta. Potrei, intendo, al di là di tutte le infinite elucubrazioni provate sul tema, da che mondo è mondo, arrischiarmi a formulare una mia piccola ipotesi, quasi fossi quel «passero solitario» che «tenta la sua tastiera, / come nel santuario / monaca prigioniera» (G. Pascoli, Il passero solitario, 2-4), se l’avessi. Eppure, continuo a ragionarci su, «come l’uomo che, segnato un gran cerchio per terra, comincia a camminare attorno ad esso dicendo: “Voglio vedere quando arrivo alla fine”» (G. Guareschi, Le lampade e la luce).
Variazioni sul tema, corsi e ricorsi, come nell’intuizione geniale di Vico di coniugare linearità e circolarità, insite in noi e nelle coordinate spazio-temporali in cui ci troviamo immersi, come in quel mare infinito che qualcuno ha scorto al di là della siepe e qualcun altro oltre «un rovente muro d’orto» nel suo «palpitare / lontano di scaglie» (E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, 2 e 9-10). La compagnia mi pare anche buona, ma non mi so risolvere a comprendere questa «infinita vanità del tutto» (G. Leopardi, A se stesso, 16). Perché di questo, in fondo, si tratta: tendersi oltre le nostre umane possibilità, «qual è ’l geomètra che tutto s’affige / per misurar lo cerchio, e non ritrova, / pensando, quel principio ond’elli indige» (Par. XXXIII 133-135). Ma va bene, va bene così: viviamo pur sempre sulla soglia.
In questa liminalità sospesa occorre decidere da che parte stare. Al di qua dei «cocci innumeri di vetro / sulla cinta vetusta, alla difesa» (G. Gozzano, La signorina Felicita, I 17-18), in fondo, non mi pare si stia nemmeno troppo male. Ogni tanto si guarda oltre, per cogliere qualche sprazzo di luce, alla ricerca di frammenti perduti da ricomporre nel mosaico di cui ci sfugge, purtroppo, la figura intera. Ma è la sfida, questa, nient’altro. Mi lancerei anche io, nel caso, a gridare: «Miserere del mio non degno affanno» (Rvf LII 12), se il tempo me lo concedesse. Il tempo, certo, quello che non so definire in alcun modo e che pure va e ritorna, come in questo giorno, preludio alla fine e al principio. Anche l’anno ha i suoi riti, le sue pause e le sue accelerazioni, rotazione e rivoluzione di un vortice immoto. Ci si ritrova qui, anche ora, a scandagliare il prima e il poi, dimenticandoci dell’hic et nunc.
© Federico Cinti
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Usti, un pensiero assai profondo e articolato pieno di saggezza ma anche di nozioni letterarie, alcune perse, molte altre a me sconosciute invece. Complimenti ☺️
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Sono molto lieto che la mia divagazione ti sia piaciuta e che, soprattutto, ti abbia lasciato qualche cosa. Sul tempo mi sarebbe piaciuto dire molto altro, ma poi sarei stato stucchevole. Ma il confronto mi serve sempre e quindi ti ringrazio delle tue parole!
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Condivido il commento di LaMela, un articolo m9kto profondo e articolato, e con te condivido appieno invece la definizione del tempo che pure io non lo so bene definire cosa sarà mai questo tempo che scorre, che va via volando… Buon proseguimento di serata 😉
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Aveva ragione il buon agostino, infatti: «Se nessuno mi chiede che cosa sia il tempo, lo so; se io dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, allora non lo so più». Del resto, viviamo in un presente che fugge costantemente in ciò che non esiste, lasciandosi dietro ciò che non è più. Eppure, certe figure geometriche sono infinite, come il cerchio, e potremmo camminarci supra, come fa il don Camillo di Giovannino Guareschi, senza mai arrivare alla fine. Paradossi? chissà. Certo è che con il nostro limite vediamo anche ciò che non vediamo, tocchiamo l’ignoto e ce ne innamoriamo. A me, almeno, capita così. Chissà se pure tu condividi… penso di sì, anche perché il tempo sarebbe il bene più prezioso che abbiamo, come sosteneva – e giustamente – il buon Seneca.
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Condivido pienamente, rimaniamo esterefatti dell’ignoto eccome!!! Anche se non sappiamo precisamente definirlo, è sempre colui che ci accompagna nel vivere donandoci gioie e dolori…
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Da quello che ho capito (sono quasi anziano), certo potrei dire una corbelleria: ognuno ha la sua visione del tempo, che non necessariamente corrisponde a quello degli altri. Come l’idea della morte, che alcuni spaventa a me personalmente mi lascia abbastanza indifferente.
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Direi proprio che hai capito bene, se pure io, che sono sulla tua stessa strada, ho capito bene: alle volte mi succede di accorgermi molto tempo dopo di quel che ho scritto. Oh, Pirandello ci ha messo quattro anni a comprendere che aveva scritto un capolavoro, il «Fu Mattia Pascal».
Del resto, per un amante degli aforismi come te, non posso che conccordare con Picasso che afferma: «Ci si mette molto tempo a diventare giovani». L’ho afferrato tardi e, quando l’ho sentito, ho pensato che fosse la vera verità.
della morte, che vuoi mai? si può odiarla, ma non averne paura.
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Buon anno carissimo amico e collega! 🙂
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Buon anno di cuore a te, carissimo! sono contento di condividere con te non solo la passione della scrittura, ma pure la professione!
Grazie ancora, amico, e a prestissimo!
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Grazie a te per la risposta! Colgo l’occasione per segnalarti che ho appena pubblicato un nuovo post, in cui cito tanti film uno più bello dell’altro… spero che ti piaccia! 🙂
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Grazie di cuore: ci guardo subito! Intanto, ancora auguri di buon anno…
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Eccomi in ritardo ma sono qua! Ho fatto il vaccino e ho avuto per due giorni una febbre da cavallo, che per fortuna mi ha graziato daieri pomeriggio, dandomi la possibilità di scrivere due righe di auguri e dedicarmi ai due amici storici che hanno trascorso lafine dell’anno con noi. Non vorrei mai tu pensassi che mi ero dimenticata di passare a farti gli auguri per un anno colmo di momenti piacevoli. Ho capito che non si può avere tutto insieme. La felicità spesso si nasconde nei piccoli gesti e in pochi attimi che non ci aspettiamo. Ecco, questo tempo di cui tu chiedi l’origine, ti auguro sia pieno di questi attimi felici.
A me basterà leggerti per poter sentire il mio animo rinascere. Per sentire che il mio tempo non è del tutto perso, che ancora c’è speranza in qualcosa di buono, di utile per il mio prossimo. Ho ancora tante cose da dare…spero di potermi sentire ancora utile!!!
E’ molto bello, poetico il tuo pensiero sul tempo. Vorrei avere un pizzico della saggezza degli antichi greci per poterti esprimere il mio pensiero. Ma al momento posso solo dire che nel mio piccolo, posso solo definirlo ” presente, passato e futuro”
Il futuro non lo considero perchè mi è ignoto e mi fa paura, temo tutto quello che non conosco. Il presente non mi fa fare salti di gioia…il mio conforto è il passato. Il passato buono quando ancora non conoscevo dolori. Da lì attingo tutto l’amore e il calore di allora a tal punto da farmi stare beneanche oggi che quel passato è piuttosto lontano. Faccio mie le parole di Gabriel Garcia Màrquez:
” La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. “
Buon 2022 carissimo Federico , è un grande piacere averti come amico! 🙂
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Auguri pure a te, carissima, di cuore! Sono molto lieto di quel che mi scrivi, perché il tempo è una delle mie ossessioni virtuose. Intendiamoci, non è che io ne abbia pure di non virtuose, ma su certi argomenti finisco sempre per inciampare. Penso sia normale, finché per qualche motivo si volta pagina. allora, e solo allora, riusciamo a considerare il tutto sotto una luce nuova. Non perché le cose cambino, ma perché cambiamo noi. e allora veramente valgono solo i ricordi della vita che si è vissuta, il piccolo (o grande) patrimonio che portiamo sempre con noi. La perdita maggiore non è quella della salute o della vita stessa, bensì quella della memoria, perché ci condanna al non essere. anche Dante si volta a guardare indietro, “uscito fuor del pelago, a la riva”. Non so: consapevolezza e distacco. Va da sé che ci debba essere un prima e un poi, ma ciò che li separa e questo presente di cui nulla sappiamo e che passa. Ed è il tempo.
Anch’io sono molto contento di poter condividere con te queste piccole mie riflessioni. sai, non è facile oggi (o forse sempre?) trovare terreni di condivisione. La letteratura mi pare ancora che lo sia.
Buon anno anche a te, te lo ripeto, e grazie sempre di tutto!
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Grazie per la bellissima risposta, Federico. Le tue parole mi rincuorano sempre, grazie!!! Ti auguro una bella serata!! 🙂
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Ne sono molto lieto!
Auguro anche a te un’ottima serata!
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guarda caso io stasera ho affrontato il tema “tempo” dal punto di vista dell’arte. A parte questo… bellissimo post, come sempre ricchissimo di spunti di riflessione e di rimandi culturali. felice di averti ritrovato Federico, buon anno nuovo e un abbraccio grande 🙂
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Ti ringrazio di cuore delle tue parole! anch’io sono contento d’averti ritrovato nel marasma generale delle feste. Non so perché, ma mi danno sempre molta malinconia. sono una sospensione in cui quasi rischio di smarrirmi. Non so. Poi passa, intendiamoci.
Adesso vado a compulsare il tuo post: sono troppo curioso!
Naturalmente, anche a te auguri di un felice e sereno anno nuovo!
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le feste a volte danno delle sensazioni strane, ma quando poi ci si pensa ad agosto, se ne ha nostalgia 🙂 Di nuovo auguri 🙂
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Io già adesso mi sento diverso. Per me dicembre resta comunque un mese incantato, sospeso, teso quasi all’infinito. a un tratto tutto si scioglie. Ora, dopo l’inizio dell’anno civile, già la luce mi pare un’altra, diciamo così, e respiro qualche cosa di nuovo e di diverso. Non so, forse sono sbagliato io. Ma è bello essere tutti differenti! Pecato solo che il 7 gennaio riapra il nostro liceo…
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chissà se riapre, non siamo messi tanto bene… 😦
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Ah, intanto io stamane vado a scuola capiremo che cosa succeda. Eh già, non siamo messi troppo bene…
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