Sorrisi. Il giorno naufragò all’incanto,
eternità dell’attimo sepolto
in quella sospensione. M’eri accanto:
tutto vanì alla luce del tuo volto.
Ultima linea, l’ansia dell’ascolto,
lontananza dell’anima in un pianto
antico di un piacere mai risolto.
Mareggiò il cuore, schianto dopo schianto.
Infinità dell’essere sul ciglio
ancestrale del tempo e dello spazio
la voce chiara tesa all’assoluto.
Urgenza d’una soglia, d’un saluto,
chiamò, mi richiamò, di te mai sazio.
Eri lì, rosa rossa, bianco giglio.
Non so, mi capitò proprio così, senza volerlo certo, senza cercarlo. Nelle situazioni ci si trova, tutto qui. Penso lo sappia bene pure tu. Non si è sempre nello stesso stato d’animo; eppure, a un tratto il velo si squarciò nel mezzo e m’apparve il tesoro prima nascosto. Impossibile prevederlo. Nemmeno tu, credo, lo immaginavi. Un tuffo in un mare inaccesso, immensità non più così lontana. Voci e colori si fusero insieme, inscindibile realtà ormai nel ricordo di quell’attimo. Eternità dell’attimo, «punto / a cui tutti li tempi son presenti» (Par. XVII 17-18). Trovarti fu un dono insperato, l’improvviso sbocciare di una rosa.
Il cuore poi «rimareggiò rinfranto» (G. Pascoli, Il tuono, 5), scosso da un turbamento luminoso. Era la voce chiara, la tua voce chiara, di madreperla. La visualizzai così, tra il tumulto dell’anima. Di qualche cosa si parlò, forse di quella «felicità nuova», data dall’indistinto «non so che» (G. Pascoli, Il gelsomino notturno, 24) che mi s’agitava dentro. Non te ne accorgesti nemmeno. O forse sì? Prima o poi cercherò di scoprire l’arcano tra le pieghe di quell’indecifrabile mistero. E fu come la commozione, allora come adesso, immaginarti «sì che par tu pianga, / ma di piacere» (G. d’Annunzio, La pioggia nel pineto, 98-99).
Dal primo giorno, vedi, sei la mia luce. La poesia crea e ricrea incessantemente ciò che la logica tende a distruggere o a ottundere. Sia qui o altrove, come eravamo quel giorno fuori del tempo, «chi sa dove, chi sa dove!» (G. d’annunzio, La pioggia nel pineto, 94), resta il fragile stupore di qualcosa che ci sopravanza e ci trascende. Tu lo sai, io lo so. una gioia leggera permea ancora ogni istante. Non si fugge dall’essere. Purezza incalcolabile è il tuo volto di una rara bellezza. In quel candore diafano tutto risplende, la stella diana, «nunzio del giorno» (G. Leopardi, Ultimo canto di Saffo, 4), e la purezza limpida del giglio.
© Federico Cinti
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Sempre più che mai 0rof9nd9 nei tuoi versi e le tue appendici, non so più co qual8 parole commentarli 🥀🥀🥀
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Il tuo giudizio è in quel che mi scrivi e te ne sono davvero tanto grato! del resto, lo scandaglio interiore cui ci si sottopone scrivendo e leggendo dà i suoi frutti.
Che dirti di più? E’ bello incontrarsi e confrontarsi…
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👏🌷🥀
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🌹🌹🌹
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Grazie di cuore!g
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