Ultimo viaggio (omaggio a Giovanni Pascoli)

 

E tutto a un tratto un ultimo sussurro,

poi il nulla. Un velo anticipò la sera,

oltre l’oro e la porpora, d’azzurro.

 

Voli inquieti. Una rondine leggera

brillò nell’aria languida. Dintorno

solo silenzio sulla linea nera.

 

L’occhio sognò. Una lacrima al ritorno

del viaggio. In lontananza una fanciulla

presso il cancello, simile a quel giorno.

 

Fu un infinito palpito. Alla culla

un cantare antichissimo d’oblio.

S’allagò il petto al fremito. Poi il nulla.

 

S’udì di nuovo il lieve mormorio

dei cipressi, l’arcana meraviglia

d’esserci e di non esserci. L’addio

 

ebbe il suono di concava conchiglia.

Tutto fu. Fu poi il nulla. Era vanito

l’azzurro in un muovere di ciglia.

 

Si sciolse l’ansia all’attimo infinito

sulla soglia invisibile, non grido,

non dolore, non pianto. Era sparito

 

il morbo atroce della vita. Il nido

si schiudeva di nuovo in lontananza.

Tutto già fu. Poi il nulla. Lungo il lido

 

del cuore un’indicibile esultanza.

 

 

Era il 6 aprile 1912. In via dell’Osservanza 2, a Bologna, subito fuori Porta san Mamolo, Giovanni Pascoli lasciava la scena di questo mondo. Chissà quante volte l’aveva desiderato, ma forse non avvenne come l’immaginava. Un giorno d’aprile, come questo, così particolare, così silenzioso. La primavera era già iniziata; eppure, piombò a un tratto l’inverno. Nulla è mai come ce lo si aspetta, come ce lo si sogna. Le parole aprono mondi ignoti. Nei versi si sente l’eco lontana di quel travaglio dell’imperfezione. intanto, nel cielo, una rondine nuova si librava nell’azzurro alla ricerca del suo nido. Un segno, forse non altro. la fantasia aiuta a ricostruire quegli attimi indicibili.

 

 

 

Era il sogno, sì, che tante volte esce prepotente dai suoi versi: «Mia madre era al cancello. / Che pianto fu! Quante ore! / Lì, sotto il verde ombrello / della mimosa in fiore!» (G. Pascoli, Casa mia, 1-4). Ritrovarsi, per sempre, di nuovo insieme. Non importa se al di qua o al di là del cancello: tutto si fa possibile in poesia, anche ricostruire quel nido distrutto dalla malvagità umana. Lo avevo imparato già in terza elementare che «ma da quel nido, rondini tardive, / tutti tutti migrammo un giorno nero: / io, la mia patria or è dove si vive: / gli altri son poco lungi; in cimitero» (G. Pascoli, Romagna, 49-52). Ecco che cosa resta, una tensione all’infinito, al ritorno, al greppo solitario, dove un nido attende chi lo cerca.

 

 

Eppure, avrei voglia di chiederglielo se quel «sempre un villaggio» (G. Pascoli, Romagna, 1) non fosse un omaggio a Leopardi. Forse sorriderebbe. Un sorriso amaro, certo, di quelli che sapeva regalare lui. Già, perché non ho mai compreso fino in fondo il motivo per cui lo senta tanto vicino alla mia sensibilità. Lo sento mio, ecco, come vorrei scrivere io e non sono capace, in quel mondo di nostalgia e malinconia. Vorrei chiedergli perché risuona in me quel verso così immensamente, «dentro il meridïano ozio dell’aie» (G. Pascoli, Romagna, 16). Non so, mi ci perdo ogni volta che lo rileggo, che lo ripeto. Ha un che di infinitamente grandioso, che dilaga. Non l’ho mai detto a nessuno, sempre che a qualcuno interessi.

  Pascoli è il poeta della soglia, è l’occhio che guarda, l’orecchio che ascolta. Germoglia in lui l’idea dell’assoluto. Me lo immagino per i nostri portici silenzioso, sempre alla ricerca di un’ombra che gli si svela innanzi. E chissà quel 6 aprile che cosa deve essere stato varcarla, quella soglia, quella linea d’ombra presente, eppure impercettibile ai più. Fa un certo effetto anche solo parlarne. Fu certo, quello, l’ultimo viaggio, simile al suo Ulisse che tornava da Calipso: «e il mare azzurro che l’amò, più oltre / spinse Odisseo, per nove giorni e notti, e lo sospinse all’isola lontana» (G. Pascoli, Calypso, 1-3). Chissà, calipso altro non era, in questo poema conviviale, se non la madre tante volte vista in qualche immagine nebbiosa. E quell’isola, l’isola di Ogigia, altro non era che il nascondimento della conchiglia, fattosi al fondo utero materno in cui tornare ciò che prima non era, nel punto morto dell’Oceano, punto morto del mondo dove tutto si fa possibile, anche la felicità lontana. Fu così che «vide la sua madre al capezzale» e «la guardava senza meraviglia» (G. Pascoli, Ultimo sogno, 7-8). Poi il nulla: «sentivo mia madre… poi nulla… / sul far della sera» (G. Pascoli, La mia sera, 39-40).

 

 

 

© Federico Cinti

Tutti i diritti riservati

37 commenti

    1. Federico Cinti ha detto:

      Ti ringrazio di cuore: non volevo che passasse questo 6 aprile senza che si ricordasse il mio Pascoli. L’ho sentito come un dovere misto, ovviamente, a un grande piacere.

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  1. valy71 ha detto:

    Davvero molto profondo!

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Ti ringrazio veramente di cuore. Pascoli lo sento proprio il mio autore. sono lieto d’averti lasciato almeno un’emozione…

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      1. valy71 ha detto:

        Sì, eccome, si sente che Pascoli è il tuo autore.

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      2. Federico Cinti ha detto:

        L’anno scorso riuscii anche a piazzarmi in un concorso a lui dedicato a castelvecchio. Ho partecipato pure quest’anno: veidamo che cosa ne venga fuori.
        ancora grazie…

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      3. valy71 ha detto:

        Che bello, sicuramente già il fatto stesso di partecipare è una grande soddisfazione, ti faccio i miei complimenti e ti auguro una bella vittoria ✌ meritata!

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      4. Federico Cinti ha detto:

        Nel caso io sortisca qualche risultato decente, te lo dirò! Sì, è vero: già partecipare dà grande soddisfazione!

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      5. valy71 ha detto:

        Ti ringrazio molto, faccio il tifo per te!

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      6. Federico Cinti ha detto:

        Ti ringrazio di cuore!

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      7. Federico Cinti ha detto:

        Infatti, è proprio come dici!

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  2. alicespiga82 ha detto:

    La prosa che gli hai dedicato è quasi più poetica della poesia stessa. Grazie: due scritti commuoventi, che ispirano.

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    1. Federico Cinti ha detto:

      So bene che quel che non riesco a esprimere in poesia, ed è tanto, riesco in qualche modo a dirlo in prosa. Chissà, forse la mia dimensione vera è la prosa, ma una prosa nutrita dalla trentennale frequentazione della poesia. e poi Pascoli, alice… sai bene e, se non lo sai, te ne sarai accorta, che è proprio il mio poeta. L’ho capito subito, a otto anni, quando imparai a memoria «Romagna». e, così, sapere che è morto a Bologna mi dà una certa emozione. Insomma, grazie di cuore…

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  3. Transit ha detto:

    Quando alle elementari ascoltai letta dal maestro una poesia di Pascoli oltre al significato che non capii del tutto sentivo una musica che parlava al (mio) cuore, mi emozionai e non sapevo il perchè. Ma non dissi niente al maestro e tacqui. Complimenti a te. 👏👏👏😊

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    1. Federico Cinti ha detto:

      È proprio quello che è capitato a me! Pascoli ha davvero una musica segreta: ogni volta mi affascina… Sono contento di non essere il solo: tu me lo confermi!
      Ti ringrazio veramente di cuore!

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      1. Transit ha detto:

        👏👏😊

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      2. Federico Cinti ha detto:

        Veramente troppo gentile! Sempre grazie…

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      3. Federico Cinti ha detto:

        Un abbraccione…

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      4. Transit ha detto:

        Confermo.😊

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  4. marisasalabelle ha detto:

    Un grandissimo poeta… bello il post

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Senza tema di smentita ti dico che è sicuramente il mio poeta prediletto! Grazie delle tue parole d’apprezzamento: forse, traspare la mia passione per la sua poesia…

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      1. marisasalabelle ha detto:

        Non il preferito in assoluto, per me, ma comunque uno tra i più amati

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      2. Federico Cinti ha detto:

        Capisco bene! Non so, io credo per me che sia il preferito. Del resto, non lo scegliamo noi, ce lo sentiamo addosso. a me, almeno, capita così. Poi, va da sé, ci sono altri geni assoluti, Orazio e Virgilio mi fanno un effetto simile.

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Ciao, Juan, e grazie di cuore del bel regalo!
      A presto…

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  5. worldphoto12 ha detto:

    O cavallina, cavallina storna, ……..

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Una delle poesie più evocative di Pascoli. Grazie d’averla ricordata!

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      1. worldphoto12 ha detto:

        Il piacere e tutto mio.
        Mi commuove ancora.
        Quando s’imparavano a memoria a scuola poesie del Pascoli e del Carducci ( t’amo o pio bove).

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      2. Federico Cinti ha detto:

        Imparare a memoria le poesie è avere un patrimonio che si porta con sé tutta la vita. I poeti che amo li imparo a memoria: così mi aveva insegnato la maestra delle elementari.
        I miei studenti non sanno pressoché nulla a memoria, ma apprezzano questa mia capacità e hanno a poco a poco interiorizzato il gusto della parola.
        Pascoli quest’anno è piaciuto tanto e qualcuno si è pure commosso. La cavalla storna è poesia magnifica: c’è un racconto di Guareschi in cui, alla fine, don Camillo si mette a piangere proprio ricordando quei versi. Il titolo è «Menelik».
        Grazie ancora di quest’ulteriore riflessione.

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      3. worldphoto12 ha detto:

        Ma non scordiamoci il libro CUORE De Amicis che ho ancora nella mia libreria con i suoi bellissimi racconti – Garrone Derossi Franti la Maestrina dalla penna rossa – Il primo giorno di scuola – La piccola vedetta lombarda – Il piccolo scrivano fiorentino- Il tamburino sardo- Dagli appennini alle ande ………
        E un piacere ed un onore leggere il suo blog.

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      4. Federico Cinti ha detto:

        Il libro «Cuore» l’ho amato profondamente: non so quante volte l’ho letto. E tutte le volte mi ci commuovevo. Oggi è per me una sorta di «madalaine» proustiana.
        Grazie di cuore delle sue parole: nel mio blog, come in generale, provo a restituire quel poco che mi è stato copiosamente donato. La poesia (e la lettertura in generale) è ambito di condivisione.

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      5. worldphoto12 ha detto:

        Obiettivo centrato, complimenti ancora.
        P.S. Studenti molto fortunati

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      6. Federico Cinti ha detto:

        Ah, non so, poveri studenti: diciamo che provo a rappresentare le mie passioni e il mio mondo!
        Grazie ancora e a prestissimo…

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      7. worldphoto12 ha detto:

        Troppo modesto. A presto

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      8. Federico Cinti ha detto:

        Grazie e a presto…

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