Inconfessabile segreto

 

Fu solo un sogno? Candida di neve

un’ebrezza nell’anima. Sorrisi.

Con te mi ritrovai, nel tempo breve,

ora per ora. Ardui echi di narcisi,

 

soave melodia. Mai più divisi,

indicibile gioia lungo il greve

cammino. Non voragini, non crisi

ha il cuore in festa, ma una pace lieve.

 

Esuli fummo, siamo noi sul greto

tacito. Inesorabile si muove

antico il fiume. Tenue smarrimento

 

misto d’ombra e di luce. Fluire lento,

abbaglio tra realtà già vecchie e nuove,

il nostro inconfessabile segreto.

 

 

In questi giorni tutto sa di nuovo. Non so, è come se me lo sentissi addosso, anche se di per sé viviamo ogni primavera nella sua dimensione di ciclico ritorno. È da sempre così, dacché almeno mi ricordo. Ci si sente rinascere qualche cosa dentro «e piove in petto una dolcezza inquieta» (E. Montale, I limoni, 17), un fremito lontano, perché fuori del tempo. Un brivido, ecco, scuote la terra e l’anima, come dopo lo sciogliersi delle nevi, quando i fiumi ingrossano e debordano dalle rive. In quella distesa candida di neve, ci tengo a confessarlo, ritrovo l’intima essenza di giorni senza età, perché in effetti erano così, di una leggerezza indescrivibile.

Chissà, l’azzurro, il tepore dell’aria, i colori dei profumi tutt’intorno. In ciò si misura quel che si vive una volta sola, senza un prima né un poi. Non vi è un istante uguale all’altro, checché ne dicano i filosofi. Si procede indifferentemente tra l’essere e il non essere. Questo, forse, l’unico senso che so trovare alla distesa dei giorni che si ripetono immobili, senza che «la morte / si sconti /vivendo» (G. Ungaretti, Sono una creatura, 11-13), senza il pianto di niobe tra l’infinito e il nulla. Il resto rischia di perdersi in elucubrazioni senza senso.

 È il flusso dell’eterno scorrere, lungo cui si cammina senza quasi accorgercene. Immagini, certo, visioni ancestrali e ataviche, «quasi d’un fiume che cercasse il mare / inesistente, in un immenso piano: / io ne seguiva il vano sussurrare, / sempre lo stesso, sempre più lontano» (G. Pascoli, Ultimo sogno, 13-16). Siamo su quella riva a chiederci il perché delle cose, dentro e fuori di noi, mentre non ci accorgiamo di essere parte della corrente che va, nonostante tutto, nonostante la nostra coscienza. Eco di un’eco in noi, tutto qui, nello specchio in cui dovremmo ritrovarci e riconoscerci.

 

 

Eppure, proprio in quello specchio d’acqua riaffiora il volto che non conosciamo, che non afferriamo compiutamente. in quella visione ritorna ciò che noi siamo davvero, l’inconfessabile segreto che ci portiamo dentro. Chissà, la curiosità di sapere cui ci avviciniamo per asintoto. Ci si prende per mano nella nostra ricerca. L’amore guida questo tratto impervio che si percorre per cogliere quell’attimo d’indefinibile felicità. Così rinasce in noi il fiore che ci salva, rinasce in noi la primavera che ci pareva perduta per sempre tra le brume iemali. Dal candore della neve il sorriso di chi sa completare questo infinito anelito a ritornare nell’originaria fusione dell’endiadi. E in quel fiore ci siamo tu e io insieme.

 

 

 

© Federico Cinti

Tutti i diritti riservati

19 commenti

    1. Federico Cinti ha detto:

      Grazie veramente di cuore! Chissà, forse si può declinare anche a livello poetico, nel senso che tutto concorre alla condivisione in un segreto indicibile…

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      1. Federico Cinti ha detto:

        Sempre grazie…

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      2. Grazie a te per quello che scrivi 🌹

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      3. Federico Cinti ha detto:

        La scrittura è innansi tutto condivisione e, se trovi del buono, significa che qualcosa di buono è nato…

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  1. silvia ha detto:

    Molto bella sia la poesia che soprattutto il finale 🙂 Buon pomeriggio!

    Piace a 2 people

    1. Federico Cinti ha detto:

      Carissima Silvia, sono veramente lieto delle tue parole! La poesia, e la letteratura in generale, credo proprio sia terreno d’incontro e di confronto.
      Ciao e ancora grazie…

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  2. wwayne ha detto:

    La penultima foto è di una bellezza mozzafiato. La poesia anche.

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Carissimo, direi che tanto la foto quanto la poesia siano i tasselli di un mosaico che si scompone e ricompone agli occhi e alla mente di chi legge e si ferma, anche solo per un attimo, lungo quella soglia che chiamiamo sponda del fiume, un po’ come gli Ebrei sui fiumi di Babilonia, su cui riversavano il pianto del loro cuore. Sono comunque lieto che tu abbia trovato del buono in questi miei versi: per dirla con l’efesino più famoso, non ci si bagna due volte nelle acque dello stesso fiume.
      Ciao e a prestissimo…

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      1. wwayne ha detto:

        Grazie per la risposta! Anche se non vale nulla rispetto al tuo, anch’io ho appena pubblicato un nuovo post… spero che ti piaccia! 🙂

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      2. Federico Cinti ha detto:

        Carissimo, ci guardo subito! Non ci credo che non valga nulla…

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  3. worldphoto12 ha detto:

    BUON FINE SETTIMANA

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  4. pensarealtraluce ha detto:

    Davvero bravo

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Sono veramente lieto del tuo giudizio: ti ringrazio di cuore!

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Ma grazie sempre a te, carissimo Juan!

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