Sulla tomba di Dante

 

Eri lì, a un soffio. L’anima mi tacque,

tenue nel turbamento. Nulla intorno,

solo il cristallo attonito delle acque.

 

Profondai dentro i secoli. Il contorno

una pietra scavata, assorto gelo

di vanità. Impossibile il ritorno.

 

Apparve e sparve nella nebbia un velo

d’inconsistenza, assorta nostalgia

scritta nel cuore, anelito di cielo.

 

Riposava il sospiro. La poesia

risuonava, eco antica, onda di mare

nella conchiglia tremula. Per via

 

il senso del perenne limitare.

su quella soglia meditai. Ti vidi

e non ti vidi più. Dolce sognare

 

quel tempo, quell’età. Pallidi gridi

oltre l’ultimo segno. Un’ombra vana

aleggiava insensibile tra i lidi.

 

L’ora fuggiva. A un tocco di campana

trasalii. Tu eri lì, ermo miraggio

d’inciampo: eri l’immagine lontana

 

dell’incessante fremere del viaggio.

Ero lì, dove adesso è il tuo tesoro

più autentico. Fu un raggio dentro un raggio,

 

fu l’immortale gloria dell’alloro.

 

 

Tutto è ancora così, com’era allora, tra l’azzurro di quel cielo e di quel mare, perché «Ravenna sta come stata è molt’anni», e così resterà in Aeternum, anche se «l’aguglia da Polenta» più non «la si cova» e «Cervia» più non «cuopre co’ suoi vanni» (Inf. XXVII 40-42). Tutto è ancora così, come tra il 13 e il 14 settembre 1321, quando il divin poeta, di ritorno da una missione in quel di Venezia, infermava di malaria e passava a miglior vita, anche se già allora era leggenda la fine tragica di Francesca la cui «bella persona / le fu tolta» con tanta ferocia e «il modo» per sempre «l’offende» (Inf. V 101-102). Tutto è ancora così, come nelle parole del cesare Giustiniano, nel cui ricordo l’azione folgorante dell’aquila imperiale, «il sacrosanto segno» (Par. VI 32), «poi ch’elli uscì di Ravenna / e saltò Rubicon, fu di tal volo, / che nol seguiteria lingua né penna» (Par. VI 61-63), anche se oggi non è più così in rigoglio «la pineta in su ’l lito di Chiassi» (Purg. XXVIII 20) da assomigliare al Paradiso terrestre di Matelda.

Eppure, la tomba del «ghibellin fuggiasco» (U. Foscolo, Dei sepolcri, 174), su cui mai fu inciso l’epitaffio di Giovanni del Virgilio, «Theologus Dantes nullius dogmatis expers» etc., oggi, oltre all’abbraccio dei secoli, aggiunge quello dell’acqua dell’Adriatico e in esso «si profonda tanto, / che dietro la memoria non può ire» (Par. I 8-9). Su quella soglia mi fermai a contemplare il sogno dell’immortalità, quel Non omnis moriar (Orazio, carm. III 30 6) che riecheggia «nel cor, presente / come in conchiglia murmure di mare» (G. Pascoli, alexandros, 35-36). Nell’acqua, l’elemento primordiale, sta l’arca del padre della lingua, il vate dell’eternità. Un silenzio sovrumano attinge l’orecchio in quell’attimo assoluto. Davvero nulla è invano, nemmeno la morte. Nel procedere querulo del giorno non pensai ad altro. dante era lì, a un soffio da me, in quella rarefatta «corrispondenza d’amorosi sensi» (U. Foscolo, Dei sepolcri, 30). Tutto mi fu più chiaro, all’apparire del vero. Indugiai, certo, forse come mai più e in alcun altro luogo.

Era, credo, la gloria dei poeti, come la rivide il buon Guido nel solaio di Villa Amarena, quasi verso il tramonto d’un memorabile giorno autunnale, così, «tre ceste, un canterano dell’impero, / la brutta effigie incorniciata in nero / e sotto il nome di Torquato Tasso» (G. Gozzano, La signorina Felicita ovvero la felicità, IV 34-36). Era, credo, lo stesso grido di disperato orgoglio di chi mai, pur meritandolo più di mille altri, avrebbe meritato l’alloro, per cui «sì rade volte, Padre, se ne coglie / per trîunfare o cesare o poeta, / colpa e vergogna de l’umane voglie, // che parturir letizia in su la lieta / delfica deîtà dovria la fronda / peneia, quando alcun di sé asseta» (Par. I 28-33). Non l’amato alloro, non l’epitaffio d’un amico, bensì solo l’ombra d’un nome nell’infinita azzurrità del mare, a un passo da dove «il ponte di legno / mette a Porto Corsini sul mare alto / e rari uomini, quasi immoti, affondano / o salvano le reti» (E. Montale, Dora Markus, 1-4). Fui lì, certo, a un soffio, con in testa l’alloro di Dante.

 

 

 

© Federico Cinti

Tutti i diritti riservati

17 commenti

  1. BD ha detto:

    👏👏👏👏👏👏

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Ti ringrazio veramente di cuore! Non ti dico la mia sorpresa a trovare la tomba di Dante tra i pesciolini rossi…

      Piace a 3 people

    1. Federico Cinti ha detto:

      Ti ringrazio veramente di cuore, carissima! sono molto lieto che i miei versi ti abbiano lasciato qualche cosa…

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  2. Stef555 ha detto:

    Si quel tuo scrivere mi affascina e poi la spiegazione è illuminante. Sono un giullare ma qui il silenzio è sogno🙏👋

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Macché giullare! Ti ringrazio di cuore delle tue parole! Ti assicuro che è andata proprio così: la basilica di San Francesco, la tomba di Dante sott’acqua e l’incoronazione con l’alloro. Certo, si resta sempre un po’ delusi, ma è nel gioco delle parti.
      Grazie delle tue parole sempre così lusinghiere!

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  3. Nemesys ha detto:

    È sempre entusiasmante leggere i tuoi versi e le appendici, bravissimo 🥀🥀🥀

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Ma grazie veramente di cuore! La scampagnata ravennate è stata piena di suggestioni e i versi di Dante, poveretto adesso sott’acqua, risonavano in me nel modo in cui ne ho parlato. sono lieto ti siano piaciuti poesia e commento!
      Buona giornata e grazie di cuore…

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  4. wwayne ha detto:

    A fine mese esce un film su di lui, intitolato proprio “Dante”: andrai a vederlo?

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Penso proprio di sì, carissimo, anche perché tutto ciò che si dice, si scrive, si proietta è un modo per approfondire la figura di questo genio universale.
      Mi auguro pure tu ci vada: in questo modo, potremmo pure confrontarci.
      Grazie sempre di questi nostri dialoghi!

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      1. wwayne ha detto:

        Anch’io andrò senz’altro a vederlo, infatti te l’avevo chiesto proprio perché anch’io speravo di confrontarmi con te dopo che l’avevamo visto entrambi. Grazie a te per la risposta! 🙂

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      2. Federico Cinti ha detto:

        Ottimo! e allora ci confronteremo proprio su questa narrazione. C’è sempre qualche cosa da imparare e, del resto, a ridosso del settimo centenario della morte, ripercorrere la sua vita sarà certamente utile.
        Ciao e a prestissimo…

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    1. Federico Cinti ha detto:

      Un abbracci a te, carissimo Juan, e sempre grazie!
      A presto…

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      1. j re crivello ha detto:

        Grazie a te, por colaborar en Masticadores

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      2. Federico Cinti ha detto:

        Per me è un onore, oltreché un piacere, collaborare con Masticadores!

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