Non so come, ma una mia poesia si è classificata prima alla 5^ Edizione (2020) del Premio Letterario Nazionale “LAMPI DI POESIA | SLUSSI ‘D POESÌA”,nella sezione A.1 | Poesie brevi in Lingua italiana, indetto dall’Associazione “Monginevro cultura” di Torino.
Ne ripropongo il testo, non perché sia stato premiato, bensì perché mi suscita ancora tante emozioni a rileggerlo.
NEVICATA
Grigio il giorno. Per l’aria un tetro gelo.
Inizia a nevicare senza fine.
Non un suono. Su tutto un bianco velo,
equilibrio di mille antiche trine.
Vaga un’ombra di pace per il cielo.
Ride il cuore. Sull’ultimo confine
abita una speranza, come in stelo
fiore sbocciato appena tra le spine.
Aria di festa. Tutto trascolora
rapido allo spettacolo. La neve
oggi è visione che stupisce ancora.
La sospensione scende lieve lieve
fra di noi, ci sostiene, ci rincuora,
in questo tempo che si è fatto breve.
Di seguito il giudizio della giuria, che ha decretato Nevicata come miglior sonetto in competizione:
Sonetto metricamente perfetto, tra il pascoliano e il crepuscolare, i cui versi trasmettono speranza, come un fiore appena sbocciato tra le spine.
L’unico giorno in cui ha nevicato, l’anno scorso. Un’atmosfera incantata ha cominciato ad ammantare ogni cosa. Lungo la via un silenzio senza fine, come se tutto si fosse fermato. Era venerdì, il 13 dicembre, il giorno di Santa Lucia. A un tratto mi pareva d’essere tornato bambino: il sogno s’avverava di nuovo. Bologna vestiva un abito di trine per la festa.
Ne ho fatto versi per i miei studenti: la mattina a scuola avevamo parlato di sonetti e di acrostici. Piacque molto, un dono inaspettato per tutti, in primis per me. La madreperla del cielo riluceva nel lieve candore dei fiocchi in una sospensione fuori del tempo.
Anche agli amici piacque molto. Un giorno come gli altri, ma diverso. Non allegria, ma un vago senso di nostalgia per la purezza che andava ricostituendosi, come se i frammenti del mosaico ritrovassero la loro primordiale collocazione. Eppure, tutto era così semplice.
Il premio dovrebbe essere dato allo spettacolo che la neve è riuscita a suscitare in noi. Ogni volta è così, una nenia che si riascolta e che commuove una parte di noi forse dimenticata. Dico forse, se riaffiora con placida meraviglia. Lo specchio appannato a un certo punto restituisce il suo tesoro di sospensione e così è possibile smarrirsi nella fantasia e nella poesia che permea il reale.
© Federico Cinti
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