Si sa che non è facile pensare
in grande; eppure, tu ci sei riuscita
lo stesso, a modo tuo, senza pesare.
Vai in pensione, l’ennesima tua gita
in luoghi inesplorati, sempre in moto
a cercare una qualche via d’uscita.
Ma tra noi lasci proprio un grande vuoto
abissale, incolmabile languore
nello stomaco, incanto ancora ignoto.
Forse è giusto così, forse nel cuore
raccoglierai l’anelito al sapere
eterno altrove, come fior da fiore.
Distilleranno in te dolci le sere,
i risvegli sereni senza fame
né sete di studenti, antiche fiere,
il supplizio che chiami pargolame.
Fitte le trame e troppe le allusioni per chi non conosce la mia collega, Silvia, prossima ormai alla pensione. Formalmente occorre aspettare il 31 agosto, perché la scuola funziona così, ma di fatto il traguardo lo ha già raggiunto. Come ho avuto modo di dire, mancherà parecchio a tutti noi: gli studenti non vedevano l’ora di fare lezione con lei, anche se adesso sarà solo uno dei tanti ricordi di un tempo che fu. Aveva un quid pluris tutto suo, non c’è che dire. Insomma, lascerà un grande vuoto. Uno dei suoi coni linguistici più caratteristici è, senza dubbio, «pargolame», con cui indicava la totalità dei pargoli a lei così graditi. Un grande vuoto, sì: me lo ripeto, come un mantra ossessivo.
Con le restrizioni pandemiche di quest’anno terribile non è stato possibile se non un brindisi in cortile, sotto un sole cocente. Peccato, si sarebbe meritata ben di più, anche perché è sempre stata lei a occuparsi delle pensioni altrui: il contrappasso ci sarebbe stato tutto e a prezzo pieno. Magari, riusciremo a recuperare in qualche modo. Non era nemmeno l’unica a tagliare il tanto sospirato traguardo, perché anche Franca, Gabriella, Giulio e Maria ci sono arrivati senza colpo ferire.peccato non si sia dovuta prendere cura della mia pensione: ci avrei tenuto.
A me è toccato l’arduo compito di scriverle i biglietto. Mi hanno chiesto un testo di un certo valore, magari acrosticato. Cosa che ho fatto, ovviamente, come sono stato capace. Qualche cosa di decente nell’anno dedicato a Dante è uscito, in terzine, ma nulla a confronto del sommo vate fiorentino. Del resto, come ha poi chiosato un’altra ollega, il Paradiso è a Ravenna. E non so non condividere per una serie di motivi lunghi qui da esporre. Un giorno lo farò, forse, quando non dovrò occuparmi del giubilo altrui. Intanto, Silvia, ancora complimenti. Lo dico così, tanto per chiudere la pagina.
© Federico Cinti
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