Ho appreso con molta soddisfazione dalla dott.ssa Valeria Di Felice che una mia poesia ha ottenuto il terzo posto nella sezione B, poesia in metrica, al XII Premio letterario Internazionale “Città di Martinsicuro” 2020. Questa la comunicazione ufficiale:
«Gentil.mo autore Federico Cinti,
la Di Felice Edizioni è lieta di comunicarLe che, per la sezione POESIA IN METRICA della XII edizione del Premio Letterario Internazionale “Città di Martinsicuro” 2020, la giuria ha deciso di assegnare il Terzo Premio all’opera: Sogno d’una notte di mezza estate».
S’intravide la luna: in un pallore
di perla sgranò lieve il suo rosario
di stelle e fiorì lieve lo stupore.
Un canto lontanava solitario
lungo la via, per gli orti inargentati,
tra noi sciogliendo l’ultimo divario.
Indugiammo nell’ombra trasognati
un tempo indefinito: in quell’istante
fummo come perduti e ritrovati.
Si fondeva in noi il mondo circostante
annullandosi: l’ora ci sorprese
simile al volto di un’ignota amante.
Le anime nostre incredule, sospese,
rincorsero il fluire della vita
oltre gli eterni secoli protese.
Il cuore mareggiò. Dita tra dita
fissammo nella volta ardua del cielo
la sommità dell’essere infinita.
Tutto fu un’eco già sentita: il velo
notturno ci coperse, quell’estate
incipiente, col suo sussurro anelo.
Un sogno ci rapì, parole alate,
languida ebrezza, etereo stordimento,
antico sortilegio delle fate.
Stormivano le fronde agili al vento
spinto verso l’asintoto e tra noi
la vertigine solo e il suo spavento.
Non esistette più il prima né il poi.
Tra le palpebre un dolce lacrimare
tu dentro gli occhi miei, io dentro i tuoi.
Chissà dove, laggiù, sentimmo il mare,
ombra di un’ombra, immagine del vero,
e quasi ci sembrò di naufragare.
Era l’ansia del vivere, pensiero
che ci fondeva indissolubilmente,
e attingemmo alla fonte del mistero.
La luna procedette indifferente
nel suo peregrinare senza fine,
oltre i monti, perdendosi silente.
Poi l’aurora, in un abito di trine
dal fulgore di rosa, annunciò il giorno
nascente, fino all’ultimo confine
della terra, in un ciclico ritorno.
Riporto di seguito il giudizio della giuria:
Motivazione a cura di Vittorio Verducci
Sogni e magie in una notte d’estate. Sotto lo sguardo compiaciuto della luna e il ridere delle stelle si fondono gli occhi degli amanti, in una percezione panica della natura che li porta a naufragare nell’oscurità della notte, tra lo stormire delle foglie e i palpiti del mare, in un tempo che si dilata all’infinito. In questa cornice di mistero che avvolge le cose e in cui batte il cuore segreto dell’universo, si snodano le terzine dantesche del poeta, perfette sul piano formale e stilistico, cui egli affida i moti più reconditi dell’anima.
All’incantesimo del solstizio estivo fa eco la pièce di Shakespeare, di cui ho mutuato il titolo: dimensione onirica e finzione reale s’incontrano e si fondono dentro la notte fulgida del cielo. Splendida metafora, forse, dell’amore, per cui tutto è possibile. Si alza il sipario al tremulo raggio della luna, che passa nel vento assieme alle stelle. Palpita il mondo tra le case e tra gli alberi. Vicende che s’annodano e si snodano, speciosi intrecci dal sorriso ironico. È il regno delle fate, di Titania e di Oberon, che si rincorrono in un eterno gioco delle parti.
Nel Sogno di una notte di mezza estate un’altra Titania, presenza inquieta in terra europea, non trovò pace, Elisabetta, infelice imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria. Anch’io l’inseguita in quel suo viaggio senza meta, fantasia che ancora non ha raggiunto il suo compimento. Volava di sponda in sponda, simile a gabbiano senza patria. Anche questa è una storia che prima o poi racconterò. Poesia, solo poesia, specchi ad angoli deformi che si riflettono l’uno nell’altro a costruire ciò che è e che non è, metamorfosi d’irrequietudine.
© Federico Cinti
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