Avresti la mia età. Malinconia
di un giorno di settembre. Troppo breve
il tuo viaggio. Mi resta tra le dita
qualche vecchio ricordo polveroso.
Oggi, il tuo giorno, ha un velo di tristezza
per l’aria. Già s’approssima qualcosa,
il brivido gelato della terra,
il sole occiduo. Il tempo non aspetta.
Hai la mia età. Da qualche parte ancora
sorridi. Il resto passa come nulla
fosse mai stato, oblio senza più volto,
senza più nome. La memoria è vita.
Ilaria, hai la mia età. Ci si è incrociati,
così, per qualche caso involontario.
Negli anni del liceo non si capisce
quanto sia bello non voltarsi indietro.
A quest’età, la nostra età, ogni giorno
ha un che di nostalgia, sa di qualcosa
che non so, strenua inerzia della noia.
Eppure, nel tuo giorno, ti ripenso.
Si tornava a casa assieme, fin dagli anni del ginnasio, Ilaria. Bei momenti passati in autobus a ridere e scherzare: era difficile resistere. Mi ci mettevo io per primo, anche perché l’ultima campanella sapeva già di libertà, nonostante il cumulo di cose da studiare nel pomeriggio. Era come tornare a respirare aria buona dopo tanta stantia. Io poi scendevo a Casalecchio, mentre voi tiravate dritto: stavate per lo più a Zola Predosa, all’epoca per me solo una località esotica tra tante. Giunse pure il giorno, in prima liceo, in cui divenimmo compagni di classe, per quegli assurdi incastri della sorte. La nostra aula, lo ricorderai meglio di me, era al piano nobile, non quella di fronte, saliti per lo scalone, ma la prima a sinistra per il corridoio in fondo a destra. Più difficile a dirsi che ad arrivarci. Il Minghetti conservava allora un’autorevolezza che forse oggi ha perduto.
Avresti la mia età, Ilaria: lo so bene. Oggi compi gli anni. Ecco, quel che non so è come io faccia, a distanza di tanto tempo, a ricordarmene. Non abbiamo mai festeggiato. Mi resta questo scrupolo, un’inezia, certo, ora che sei fuori del tempo. Ci si era persi di vista, trascinati altrove da interessi troppo diversi. È la regola, forse, la normalità. altri ragazzi si divertiranno su quell’autobus all’uscita del Minghetti, non più noi, anche se temo che tutto sia cambiato. Sono cambiato anch’io e non poco. È il filo che s’addipana cantato dai poeti. Il dilemma è capire chi sia andato e chi rimanga. Domande senza risposta.
Fu Lucia a darmi la notizia. Di quell’epoca eravamo rimasti in pochi, segno della diaspora dei giorni. Non mi pareva vero. Forse non lo è nemmeno adesso e non dovrei parlarne, oggi che compi gli anni. Avresti la mia età, ma non mi basta. Quanto avrei da raccontarti, se me ne fosse data la possibilità. Alle volte non si capisce l’attimo da cogliere. E non è perché, varcata quella soglia, poi si diventa tutti buoni. Un giorno mi spiegherai quel velo di malinconia che risento adesso e che allora era impalpabile.
© Federico Cinti
Tutti i diritti riservati