Eternità d’un attimo,
la vita. L’ora, rapido spiraglio
evanescente. L’anima
non ha timore. Il tempo non indugia,
ammicca. Oggi nell’essere
l’esile fiore d’un autunno fragile,
unica sosta al correre
perplesso lungo il margine invisibile.
Pagine che si sfogliano
indietro, avanti. Il sogno, l’incantesimo,
assenza nel silenzio
umbratile in cui tutto è già possibile,
già stato, arduo spettacolo
una volta. Il tuo giorno, desiderio
ridente d’un abbraccio
ineffabile, vero augurio, Elena.
Giorno strano, questo, per compiere gli anni. Eppure, Elena, succede, e succede tutti gli anni da un mezzo secolo in qua, dacché ci si conosce. Non è cosa da poco riuscire a festeggiare così, con la disinvoltura con cui lo facciamo noi. L’autunno, sai, è tempo tutto particolare. A me piace molto, così grigio e meditabondo. Ho sempre l’impressione di essere sulla soglia in attesa che qualche cosa accada, anche se poi nulla accade veramente. È la condizione che mi cattura, quell’inerzia vana. Il grigio aiuta, anche se grigio non è. È una luce obliqua, preludio di assenza e di vacua malinconia. La possibilità di fermarsi a riflettere è dono dato a pochi, credo, nella frenesia che contraddistingue le solite corse a un domani che diventa troppo in fretta ieri.
È la tua festa, Elena. So che festeggi: tu non badi troppo al tempo che fugge ed è giusto così. Anche perché, credimi, il tempo non fugge affatto: è solo un’impressione. Il tempo non esiste. Il tempo siamo noi, è una nostra proiezione, in avanti o indietro. Solo il presente esiste, l’hic e il nunc. Il resto sono invenzioni di chi crede di conoscere. La sapienza è data a pochi, la sapienza vera intendo. Non ci si deve preoccupare troppo del domani che non c’è ancora e guasta solo la festa, la nostra festa, del presente. Tu lo sai bene. Anche l’autunno è una parentesi, come tutto il resto tra l’altro. È questa la festa vera: non lasciarsi ingannare troppo da ciò che non si è e che si deve diventare. Gli imperativi categorici ce li insegnano a scuola, inutili fardelli di frustrazione.
Anch’io, credimi, ho imparato la lezione. Le cose che contano si imparano a poco a poco, ma solo sull’esempio altrui. Gli inutili castelli di sistemi senza senso li lascio a chi non sa vedere la luna. Si crede a volte di poter ridurre tutto a un orizzonte di breve significato, ma non siamo determinati nel nostro essere da piccoli calcoli di bottega. Siamo fatti per cose grandi, per l’infinito. Nulla può contenere o limitare questa nostra tensione. Abbiamo ali per volare, per guardare l’azzurro e smarrircisi dentro. Il resto non conta. Ecco la festa, quella vera, che nessuna norma può toglierci o limitare. Con questa consapevolezza ti auguro un buon compleanno, Elena: di meglio non so fare.
© Federico Cinti
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