Vaghezza estiva, forse, quella di far risuonare i versi immortali dell’Orazio lirico in questi miei; ma al richiamo delle «acque chiacchierine» della «fonte di Bandusia» (Odi III, 13, 15), lo ammetto candidamente, non ho resistito. Eco di altri «rivi canori» (cfr. G. Pascoli, La mia sera, 18), di altri «rivi strozzati» (cfr. E. Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato, 2). Chissà. La memoria poetica segue contorte vie. Nulla di nuovo, certo; solo voci di voci che si incontrano, incrociano e intrecciano.
O fonte di Bandusia, vetro liquido,
degna di dolce vino, fiori, petali,
ti donerò domani
un capro cui già spuntano
le corna per amare e per combattere.
Invano: tingerà il tuo fresco scorrere
il figlio del lascivo
gregge di sangue porpora.
Non sa toccarti l’arida canicola,
ora atroce; tu doni un fresco amabile
ai buoi stanchi del giogo
e alle pascenti pecore.
diverrai pure tu una fonte nobile,
se canto un’elce nata dove scendono
le tue acque chiacchierine
in mezzo a pietre concave.
Eppure, per me, la «fonte di Bandusia», con buona pace di chi l’ha cercata e – credo – ancora la cerca, non esiste. Non esiste realmente, intendo, perché luogo dell’anima. In tal senso è anche più vera di un luogo fisico, correlativo oggettivo di una dimensione esistenziale indefinibile. Vogliamo chiamarlo aulicamente locus amoenus? Nulla in contrario. Ma c’è di più. Bandusia è la poesia stessa, alle cui acque attingere eternamente, segno visibile della mitica fonte Castalia, che sgorga non all’esterno, ma all’interno di noi.
di nuovo la fascinazione estiva agisce sulla mia fantasia, incantesimo che si realizza anche in un semplice tentativo di traduzione. Già, perché tutto è traduzione, sbiadita copia di un mondo in perpetuo divenire, mutevole come chi lo guarda, come chi vuole afferrarlo senza riuscirci mai. La «fonte di Bandusia» è quell’acqua in cui, secondo la sentenza eraclitea, non ci si bagna due volte. La poesia non è mai uguale a se stessa. l’apatia dell’estate aiuta il distacco dalle piccole realtà che ci circondano, apre il volo all’immaginazione, alla mia di sicuro.
© Federico Cinti
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