Eco di un’inquietudine, precario
senso di vuoto. Perso nel silenzio
della penombra, volo
tra sconosciute immagini.
Sibila qualche macchina, lontanano
voci nel cuore torpido. M’appisolo
in quest’attimo eterno
vagando senza accorgermi.
Altri tempi, altri luoghi. Volti immobili
si confondono ormai nella memoria
o dentro un sogno. Vedo
ciò che all’occhio è invisibile.
Riverbera nell’anima una musica
dimenticata. Appena mi ci accoccolo
felice e mi riscuoto
dalla mia grave inerzia.
Pallida vanità. Nel pomeriggio
si dilata ogni istante. In mezzo agli alberi
rovente fruscia il vento
che narra un’altra storia.
Il sonnellino, momento di sospesa rarefazione di cui ormai non posso più fare a meno. Segno forse dei tempi o dell’età. non so. È così e ne prendo atto. Cogliere il trapasso dalla veglia all’incoscienza è arduo, mentre ogni cosa si confonde intorno, suoni luci parole. Ci si ritrova altrove, lungo l’ala dei secoli. Il cortile nel pomeriggio echeggia di antiche favole raccontate dal vento. Fuggono le macchine lungo le strade deserte e lontanano come i miei pensieri. Libertà, certo, in cui tutto si fa possibile. Scrivo versi e romanzi, incontro chi non vedo da tempo, canto ignote melodie. È il pisolo postprandiale, così dolce nell’attimo in cui ci si avvia come in un viaggio: prende vita la penombra, ridona emozioni non più percepite e comunica un benessere senza fine.
Il sonnellino, come canta Pascoli, è un risalimento alla ricerca di sé: «Guardai, di tra l’ombra, già nera, / del sonno, smarrendo qualcosa / lì dentro: nell’aria non era / che un cirro di rosa» (G. Pascoli, Il sonnellino, 1-4). No, non è forse ricerca di sé: in quel momento di sospensione s’insegue ciò che non si è, che non si è più o non si sarà mai. Dimensione incantata, questa, in cui potersi sentire senza vincoli o legami. Ecco, forse è questo che mi affascina e mi culla. Anche mio padre era così, ma non lo riuscivo a capire appieno. Solo ora riesco a intravedere quel che prima di me ha intravisto lui.
Mi abbandono allora al sonnellino, in cui si riscopre sempre qualche cosa, preludio a un non si sa che cosa, ma che si desidera inspiegabilmente.
© Federico Cinti
Tutti i diritti riservati